Employee disengagement: che impatto ha la demotivazione del personale sulla vostra azienda?

Il profilo del collaboratore perfetto si può riassumere in tre parole: motivazione, performance ed entusiasmo. Questo trio di competenze esprime in modo esaustivo l’idea di employee engagement in un’azienda. Il problema è che un collaboratore coinvolto non lo è necessariamente per sempre. Il rischio è ovviamente che il disimpegno di alcuni dipendenti comprometta il buon funzionamento dell’azienda e ne ostacoli la progressione.

 

Disimpegno dei collaboratori: 4 conseguenze per le aziende

Il disimpegno e la demotivazione del personale possono essere dovuti a diversi fattori all’interno dell’azienda: stipendio poco attrattivo, insufficiente valorizzazione del lavoro, management irrispettoso, carico eccessivo di lavoro, ecc. Qualunque siano le ragioni, le risorse umane non dovrebbero mai adottare la politica dello struzzo ignorando il fenomeno. Un collaboratore disimpegnato può avere effetti deleteri sull’azienda e questo succede a maggior ragione quando ad aver perso interesse sono in tanti:

1- Deterioramento dell’ambiente di lavoro

La demotivazione è un virus che si diffonde in modo subdolo tra il personale. I collaboratori che hanno perso interesse per le loro mansioni o che non si sentono apprezzati dai superiori criticano volentieri il lavoro, l’azienda e talvolta anche i colleghi più perseveranti e motivati. Questo stato d’animo non può che avvelenare i rapporti tra i collaboratori e generare conflitti. Spesso i dipendenti demotivati nel lavoro lo sono anche quando si tratta di eventi conviviali organizzati dall’azienda ai quali non partecipano. Insomma, dal lavoro alle relazioni sociali, la perdita di coinvolgimento finisce con il guastare tutti i livelli di funzionamento di un’azienda.

2- Deficit di risorse umane

Il problema del disimpegno è che provoca un aumento del turnover. Può portare infatti a dimissioni che alterano gli equilibri dell’organico e quindi i carichi di lavoro all’interno dei team. La mancanza di motivazione si ripercuote anche sulla salute dei lavoratori colpiti. Esaurimenti e depressioni possono causare dunque un aumento dell’assenteismo.

3- Calo della redditività

Un collaboratore disimpegnato è un collaboratore che non mette più tutte le proprie competenze al servizio della sua funzione, tendendo invece a limitare il proprio impegno al minimo indispensabile. Non accetterà di buon grado di prolungare la giornata per chiudere una pratica urgente, né contribuirà alla vitalità dell’azienda proponendo al manager una brillante idea che gli è venuta in mente tornando a casa. Per effetto domino, il disimpegno di alcuni ostacola la buona volontà di altri perché rallenta il ritmo di lavoro e la produttività. Secondo uno studio di APICIL e Mozart Consulting condotto nel 2019 in Francia, il costo del disimpegno in termini di mancato fatturato ammonta a 14.580 Euro all’anno e per collaboratore. Ossia il 9,3% in più rispetto al 2018!

4- Immagine meno attrattiva dell’azienda

Un collaboratore che non è coinvolto non mostra lo stesso entusiasmo di uno motivato. Non sarà altrettanto efficace nel vendere un prodotto o nel soddisfare le aspettative di un cliente. Allo stesso modo si mostrerà meno preciso sulla qualità del proprio lavoro, meno concentrato e quindi più propenso a commettere errori. Le relazioni con i clienti ne possono risentire seriamente e la l’immagine aziendale sarà screditata.

 

Come fare per aumentare il coinvolgimento del personale?

Il rapporto State of the Global Workplace pubblicato da Gallup nel 2022 fa un’allarmante constatazione su scala mondiale: solo il 21% dei lavoratori dipendenti, di cui la maggior parte sono donne, dichiara di sentirsi coinvolto nel proprio lavoro. L’Europa è all’ultimo posto con solo il 14% di collaboratori coinvolti, molto lontano dagli Stati Uniti e dal Canada, dove il 33% degli intervistati giudica il proprio engagement soddisfacente. Di fronte a questi dati, le risorse umane non hanno altra scelta che introdurre una strategia volta a prevenire il fenomeno.

1- Valorizzare

La vostra cultura aziendale deve dare spazio alla valorizzazione delle competenze e al riconoscimento del lavoro. Festeggiate i successi e incoraggiate le iniziative personali mediante bonus sullo stipendio o ricompense. Non date ai vostri collaboratori l’impressione che i loro successi vi interessino solo in termini di redditività. Mostrate invece che li apprezzate per il lavoro svolto e che questo è abbastanza per essere eletti collaboratore del mese.

2- Tastare il terreno

Non aspettate che sia troppo tardi e utilizzate tutti i mezzi a vostra disposizione per misurare la soddisfazione del personale. Il WBI (Well-Being at Work Index) è un ottimo strumento per identificare i fattori di demotivazione all’interno dell’azienda e aggiustare il tiro.

3- Unire

Secondo uno studio condotto nel 2022 da Swibeco, la coesione del team e le relazioni di fiducia sono tra i principali fattori di motivazione per il 30,4% dei dipendenti svizzeri. Allora, offrite al vostro personale esperienze di team building, come la possibilità di incontrarsi in un contesto informale, durante un brunch o un aperitivo. Incoraggiate anche la condivisione, l’aiuto reciproco e il lavoro collaborativo invece di isolare i dipendenti dietro una scrivania. La qualità di vita sul posto di lavoro non potrà che migliorare.

4- Dialogare

Se avete individuato dei collaboratori demotivati, organizzate un colloquio individuale con ciascuno di loro per capire le cause di questa perdita di interesse. Permettendo loro di esprimersi liberamente, avrete maggiori probabilità di trovare soluzioni e trattenere i talenti che apprezzate.